lunedì 20 aprile 2015

Conscio e inconscio

Il mio conscio prende più cose all'inconscio di quanto questo riesca a produrne.
Lo saccheggia senza dargli tregua come un contadino vorace che chiede troppo alla sua terra e non le lascia il tempo di rigenerarsi. Così il mio conscio dimenarmi in azioni cognitive toglie al mio inconscio la sua pace, il suo silenzio, quel giardino in cui sbocciano i simboli. E mi ritrovo a mangiare formule alchemiche invece che ortaggi, a vivere di elementi inodori.

Trovare una mano tesa è una scoperta: potrei anche andarne fiera considerato di aver avuto momenti in cui non sono riuscita neppure a cercarla.
Se sono sospesa nel vuoto come nel film Intrigo internazionale, quella mano terrà solo se sarò leggera oppure mollerà.
Una mano è una scoperta simile a quella di una sponda per chi naviga per mare senza più contare i giorni. La spiaggia baciata dal sole sorride, sì sorride al sole, non a me. La mano è protesa verso chiunque, non ha occhi. Vuoi forse una mano tutta tua? Un altro delirio ossessivo di possesso capace solo di consumare, di strappare i fiori dal prato, incapace di starci dentro, di lasciarsene aromatizzare? La mano che mi strappa al dirupo non mi basta. Non so' che farci con la terra piena sotto i piedi, non sono certa di volerla, di fidarmi della sua tenuta. Ma così, percorrendo vie parallele tra le frasche, nascondendomi nell'ombra rasente i muri come fossi ombra io stessa, come mai incontrerò compagni di viaggio, viaggiatori alla luce del sole invece che clandestini in cravatta?