F. Toennies, Comunità e società 1887
L'autore contrappone la nozione di comunità a quella di società.
Comunità. Sua forma embrionale sono i vincoli familiari. Le unioni sono qui improntate alla comprensione, consenso, intimità, riconoscenza, confidenza, condivisione di linguaggi, significati, abitudini, spazi, ricordi e esperienze comuni. Ad essa ci si sente uniti in modo permanente (il nesso tra la costituzione del senso di sé e la dimensione inter-relazionale può essere riconosciuto in questo passaggio che fa rilevare come l'esperienza della permanenza della relazione con gli altri possa essere vista in analogia con il senso della continuità del proprio sé, con l'esperienza di avere una storia, una biografia per la quale morremo piuttosto che una zoologia che invece ignora quella contingenza)
e in essa non si ha un certo ruolo (anche se non è vero assumo che sia interessante valutare la possibilità di rapporti interpersonali capaci di prescindere dai ruoli e che potrebbe essere proprio questo il criterio per valutare l'intimità di un rapporto sia con l'altro in quanto essere vivente, sia in quanto oggetto di conoscenza)
ma se ne fa parte con la totalità del proprio essere. Suoi caratteri distintivi tra gli altri: esclusività, durata.
- qui si entra con la nascita, essa è la sfera privata
- diritto familiare
- il potere è qui usato per educare e insegnare
- qui si entra come in una terra straniera, essa è il pubblico (da quest'analisi la nozione di pubblico finisce per essere connotata solo in senso negativo. Essa è invece, per me, la base della persona privata e della civiltà come luogo che consente l'attuazione di questa esistenza personale che frequentemente vediamo inattuata. La nozione di pubblico è ciò grazie a cui la convivenza civile può non essere considerata un evento occasionale e contingente, legato a interessi particolari, ad emergenze straordinarie che ci distruggono la casa. E' piuttosto esso la nostra casa d'origine perché è in esso la nostra struttura in quanto persone. La nostra essenza di persone ci è data dalla di pubblico ma una istituzione a cui è appunto legata la possibilità di intraprendere una vita personale)
- diritto delle obbligazioni
- il potere è a vantaggio di chi ce lo ha
Evidenzio qui una debolezza di questa distinzione che ha comunque il merito di descrivere caratteri presenti nelle relazioni umane, sebbene essi non si distribuiscano necessariamente secondo quella linea divisoria qui tracciata. Per quanto riguarda l'identificazione della sfera privata con sentimenti di esclusione che portano a vedere gli estranei alla comunità come degli intrusi penso, similmente a Stefano Petrucciani a conclusione del saggio che vedremo, che solo l'universalismo sia coerente con il riconoscimento della maggiorità filosofica degli individui. Lo stesso può essere detto nel modo di Franca D'Agostini, assumendo cioè che la filosofia sia una ipotesi antropologica proprio perché fonda la polis sull'esercizio della razionalità intesa, a mio giudizio, non come un valore che aiuta a stare insieme in modo giusto ma come l'essenza stessa di quel stare insieme dal quale dipende strutturalmente la possibilità individuale di essere. La nozione di razionalità a cui mi riferisco, tuttavia, non è razionalistica ma più fenomenologica sebbene non del tutto in linea con certi assunti.
Per tornare alla comunità di T penso insomma che una prospettiva filosofica delle relazioni interpersonali dovrebbe prevedere la tematizzazione dei fattori disgreganti. Considerarli un motivo possibile di organizzazione dei rapporti deve cioè essere un momento distinto da quello di considerarli un motivo efficace in tale organizzazione, non è detto, cioè, che li si debba lasciare agire al punto da costruirci sopra una descrizione della realtà che non è calzante. Altrimenti si acconsente prima ancora di averla osservata alla logica esclusiva di costruzione dell'identità comunitaria accreditando l'idea, ancora tutta da esaminare, che proprio essa sia la sua natura. In più il danno teorico è accresciuto dal fatto che l'altro fronte della sfera privata, cioè la sfera pubblica della società, descritta come preciso equivalente dei rapporti economici di mercato, non ha neanche esso i requisiti per recepire il contrario dell'esclusività, cioè la disposizione ad includere. Questa disposizione, che è connessa intimamente con la suddetta nozione di universalismo, è invece propria della filosofia, più o meno consapevolmente espugnata dalla distinzione di T insieme purtroppo a quella categoria di universalità che regge, insieme col dialogo parlato, quel dialogo tacito su cui si fondano i rapporti e che dovremmo qui cercare di riconoscere nella sua essenza
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