Iris Marion Young, Politiche della differenza, 1996
All'interno del dibattito tra neoliberali e comunitari sul ritorno della comunità nell'epoca della globalizzazione Young propone una teoria della giustizia che si oppone alle teorie liberali come quella di John Rawls.
La sua tesi centrale è l'estensione della democrazia partecipativa dalla sfera politica a quella economia, sociale e culturale.
Il problema della giustizia non riguarda l'iniqua distribuzione dei bene perché i rimedi ottenuti dall'applicazione di tale paradigma distributivo:
- da un lato, lasciano immutate e incontestate le gerarchie che decidono quali siano tali beni, quali le norme e regole delle strutture e delle pratiche sociali, quale il linguaggio e i simboli;
- dall'altro, lasciano nell'invisibilità politica quei gruppi che sono invece il vero oggetto dell'oppressione sociale. ("Se è possibile parlare solo con il linguaggio degli uguali i diversi sono condannati al silenzio").
Coerentemente l'autrice critica quindi:
- le politiche assistenzialistiche che riducono i cittadini a consumatori passivi
- l'ingannevole universalismo di quel ragionamento morale (vessillo del maschio borghese occidentale) che presume di essere basato su un punto di vista impersonale e imparziale, di essere capace di mantenersi equidistante dagli interessi in gioco e di far valere i principi generali. In realtà esso schiaccia la pluralità, la varietà, l'eterogenità, la discorsività delle differenze in un identico monologico (è la logica dell'identità la cui stigmatizzazione procede qui sulle tracce di Adorno, Derrida e Luce Irigaray)
Per rendere visibile le varie facce dell'oppressione e smascherare l'illusione universalista occorre introdurre nell'analisi della comunità politica un altro personaggio (dramatis personae):
- il gruppo, rappresentanza corporativa di diritti violati, interessi oppressi, testimonia che il pubblico dei cittadini non è affatto omogeneo
Il gruppo si associa in base ad affinità reciproche che lo differenziano da un altro gruppo per forme culturali e modi di vivere. I suoi membri si riconoscano nel gruppo perché è in esso che formano il loro senso di identità. (C'è qui il rischio che il gruppo assuma i connotati della comunità organica di Toennis e diventi esclusivista e chiuso. Se il senso di sé passa per la formazione che si riceve esso avrà un respiro tanto maggiore, una levatura filosofica, per così dire, quanto più cosmopolitico sarà il suo l'orientamento. Questa circostanza sembra però intrinsecamente esclusa da questa teoria del gruppo)
La rappresentanza per gruppi ha maggior forza nel massimizzare la dimensione partecipativa.
Iris Marion Young
Iris Marion Young
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